Sulle sponde del Lao

Nella Valle del Lao per visitare Papasidero e Laino Borgo, due Comuni del Parco Nazionale del Pollino.

In Calabria, sul versante Tirrenico al confine con Basilicata, nel Parco Nazionale del Pollino, la Valle del Fiume Lao conserva importanti testimonianze culturali e ambienti naturali in buono stato di conservazione.
L’insediamento umano in quest’area della Penisola risale al Paleolitico, come è testimoniato dai reperti scoperti nel Comune di Papasidero presso la Grotta del Romito.
Qui, incisa su una pietra tra 14 e 12.000 anni fà, la raffigurazione di un Uro (Bos primegenius), il più importante capolavoro figurativo che l’attività artistica del Paleolitico ha lasciato in Italia Meridionale .

Lontani dalle persecuzioni religiose lungo il corso del Lao si stanziarono nel Tardo Medioevo monaci di rito bizantino, detti basiliani per distinguerli dai monaci di osservanza benedettina.
La chiesa di Santa Maria di Costantinopoli a Papasidero, benché sia stata ricostruita nel XVII secolo, testimonia ancora la loro presenza nel territorio.

A monte delle strette gole, sui resti di un grande bacino fluvio-lacustre del Pleistocene dal quale sono emersi resti fossili conservati all’Ecomuseo del Pollino a Rotonda, si trova Laino Borgo.
Gli scavi archeologici hanno portato all’individuazione di un importante centro abitato datato tra la fine VI e gli inizi III sec. A.C, situato lungo un percorso che collegava il Tirreno allo Jonio e recentemente è stato ritrovato un luogo di culto dedicato ad una divinità femminile.1
Tracce di un passato più recente si trovano a Laino Castello Vecchio, abbandonato dagli abitanti nel 1982, uno dei borghi fantasma che torna a rivivere grazie al turismo e che insieme ai murales sono stati il principale motivo della nostra giornata a Laino Borgo.

Laino Borgo

Per raggiungere il borgo fantasma seguiamo le indicazioni bianche e rosse sul muro che incontriamo dopo aver attraversato il Fiume Lao su un ponte di ferro chiuso al traffico. Dopo un piccolo tratto tra la vegetazione che ricopre l’antico tracciato franato, si incontra l’ampia scalinata lastricata di pietre che portava al paese.
L’itinerario è breve, circa 4,5 km dalla piazza principale di Laino Borgo, Piazza Navarro.

Ad accoglierci nel centro di informazioni a Laino Castello Vecchio, parzialmente chiuso per i lavori di ristrutturazione, Sara Palermo, l’autrice di quasi tutti i murales che si incontrano per i vicoli di Laino Borgo.
Il progetto di riqualificazione urbana e culturale voluto dall’amministrazione comunale ed in via di ultimazione, si articola in due itinerari che si snodano nei vicoli del centro storico, 22 murales che ritraggono, come in un album fotografico, la storia, le tradizioni e i personaggi del paese.

La giornata a Laino Borgo è passata piacevolmente, tra arte natura, come piace a noi. Seduti su una panchina ci intratteniamo a parlare con una persona molto gentile che ci racconta dei tempi andati, della costruzione del Viadotto Italia che si impone alla vista, della partecipazione degli abitanti alle festività religiose che si ripetono ogni anno.
Ci invita a guardare il film di Giovanni Sole, già professore di Storia delle tradizioni popolari all’Università della Calabria, Fate e Transistor, girato in quei luoghi con la gente del posto.
Torneremo ancora, la Valle del Lao ed il Parco Nazionale del Pollino offrono molte altre opportunità al turismo lento.

Note

  1. Scavi archeologici a Laino Borgo ↩︎
Collegamenti esterni

Alla ricerca dell’antica Laos. A Laino Borgo si scava per cercare conferme. TGR RAI

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Escursione in Val Maone.

Agosto, cerchiamo un itinerario lontano dal caldo torrido e afoso della Media Valle del Tevere, magari in mezzo ai boschi del nostro Appennino, con un torrente di montagna con acqua fresca e limpida.
Decidiamo di tornare nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga per visitare la Val Maone, antica via di collegamento tra i due versanti del Gran Sasso. Da Prati di Tivo risaliremo il Rio Arno proseguendo dopo le cascate fino alla località Capanne.

Siamo già stati ai Prati di Tivo, località turistica molto frequentata, ma conoscendo le preferenze del “turista medio“, confidiamo nel fatto che non saranno molti gli escursionisti che incontreremo lungo il sentiero di montagna, specialmente se è richiesto una certo impegno, come in questo caso.

Prati di Tivo: partenza dell’itinerario per la Val Maone e le cascate del Rio Arno

Il parcheggio ai Prati di Tivo è quasi completo già di prima mattina, famiglie con bambini, coppie di varie età e gruppi misti affollano i bar e fanno la fila all’impianto di risalita.
Lasciato alle nostre spalle il parcheggio, ci incamminiamo oltre la sbarra lungo la strada bianca in leggera salita.
Costeggiamo e attraversiamo il bosco di Faggi, salendo e scendendo lungo i fianchi della montagna ed in un’ora circa raggiungiamo le cascate del rio Arno.

Da qui in poi la valle del torrente Arno, stretta tra il Corno piccolo e Pizzo Intermesoli, si allarga fino a diventare una delle più belle valli glaciali che abbiamo visitato in Appenino.

L’itinerario è molto conosciuto ed il tratto fino alla cascata è quello più frequentato, vista la breve distanza e la comoda strada bianca che la raggiunge.
A monte della sorgente il rumore dell’acqua scompare e la stretta valle del Rio Arno si apre a semicerchio sotto alcune delle vette più alte dell’Appenino.

Enormi blocchi di pietra caratterizzano il paesaggio e le così dette Capanne sono piccoli ricoveri utilizzati dai pastori ricavati sotto alcuni degli enormi massi presenti a Campo Pericoli.

Restiamo seduti in silenzio, intorno noi qualche escursionista scende lungo il sentiero, partito da Campo Imperatore e diretto a Prati di Tivo, o ancora più a valle, fino al borgo di Pietracamela, altri proseguono il sentiero in salita verso il Rifugio Garibaldi o verso il Passo della Portella per raggiungere il rifugio Duca degli Abruzzi e Campo Imperatore sull’altro versante.
Il vociare dei Gracchi corallini ci fa distogliere lo sguardo delle poche piante in fiore vicino a noi, sulle quali il volo di alcune piccole farfalle vivacemente colorate aveva attirato la nostra attenzione.

Lungo la strada del ritorno di tanto in tanto un’eco indistinto ci rivela la presenza di altre persone che seguendo vie verticali si arrampicano sui pilastri di roccia di Pizzo Intermesoli, o sulle “spalle” lisce del Corno Piccolo.
Per gli amanti dell’arrampicata sportiva questo è uno dei posti più belli dove andare, con molte vie conosciute e praticate, come questa.

Sono le prime voci che precedono il ritorno ai Prati di Tivo, dove il rumore fa da sottofondo ai numeri chiamati col megafono da un esercizio commerciale presente nella piazza/parcheggio della località turistica teramana.
Immobili e muti ai bordi della strada i grossi macchinari per la produzione di neve artificiale che nel periodo invernale consentiranno l’innevamento artificiale delle piste in caso di bisogno.

L’Abruzzo1, la regione italiana con la più alta estensione territoriale di aree protette (oltre il 36,3% di territorio ricompreso in Parchi Nazionali, Regionali, e Siti Natura 2000) può giustamente vantarsi del titolo di Regione Verde d’Europa.
Il 65% del territorio è montano, numerose sono le località sciistiche e
nevicando sempre meno l’Abruzzo cerca di sfruttare a suo vantaggio la crescita del turismo estivo nelle aree montane, con tutti i problemi e le opportunità che questo comporta.

Itinerario percorso

PartenzaPrati di Tivo
ArrivoLe Capanne
Lunghezza 6,5 km
Dislivello682 m
Tempo di Percorrenza3 h 20 m, andata
Traccia GPS

Collegamenti esterni
  1. Turismo estivo nel sito istituzionale della Regione Abruzzo ↩︎
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Tra i massicci del Sirente e del Velino

Una facile escursione nel cuore del Parco Naturale Regionale Sirente – Velino, attraverso piani carsici, faggete e praterie montane.
Dai Piani di Pezza al Rifugio Vincenzo Sebastiani.

Ai confini tra Lazio e Abruzzo, facilmente raggiungibile da Roma e a pochi chilometri dall’Aquila, il Parco Naturale Regionale Sirente Velino è più noto per le sue località sciistiche che per il suo patrimonio naturalistico e per il suo ruolo di corridoio biologico nel sistema dell’Appenino centrale e nella Rete Natura 2000.


Da Rocca di Mezzo seguiamo la strada che porta ai Piani di Pezza e senza soffermarci ad osservare lo scavo appena iniziato e subito interrotto nei pressi del Rifugio del Lupo continuamo sulla strada bianca che attraversa il piano dove pascolano placide mucche.
Parcheggiamo alla fine dello sterrato vicino alle altre macchine in sosta e proseguiamo a piedi sulla strada e poi lungo il sentiero sul fianco destro della valle, addentrandosi nella faggeta.

Dopo un’ora raggiungiamo il primo bivio a Valle Cerchiara e proseguiamo sulla destra seguendo le indicazioni per il Rifugio sull’itinerario 1A

Bivio di Valle Cerchiara

Le pareti rosse del rifugio ci appaiono dopo un altro tratto di cammino, quando usciti dal bosco ci inoltriamo tra la rocce del sentiero, formatosi per il calpestio che nel corso del tempo ha lasciato varie tracce tra la rada e bassa vegetazione che ricopre il sottile strato di suolo della montagna che ci ospita.

Il Rifugio Vincenzo Sebastiani si trova a quota 2102 metri è raggiungibile anche da Campo Felice. Inaugurato nel 1922 dalla sezione romana del Club Alpino Italiano è la base di partenza per raggiungere la cima del Velino (2486 metri).

Dal Rifugio, i Piani di Pezza si vedono in tutta lo loro estensione nel forte contrasto di colori di fine luglio, con le pendici verde scuro e la valle marrone chiaro.
Ben visibili sono i resti della vecchia cava che mettono a nudo il fianco della montagna, il nuovo scavo all’ingresso della valle e gli impianti di risalita delle stazioni sciistiche di Campo Felice.

Tra gli avventori del Rifugio alcuni ciclisti, arrivati quassù da Campo Felice con la pedalata assistita, sostengono il piano di sviluppo che prevede la costruzione di nuovi impianti e non sembrano affatto preoccupati di perdere per sempre l’integrità dei luoghi.
Tracciare piste da sci da un versante all’altro, uniti da impianti di risalita che colleghino le stazioni sciistiche del comprensorio, sognando di imitare gli esempi alpini di Cortina.
A nulla serve fargli notare che la neve scarseggia in Appennino, che la maggior parte degli impianti sono in abbandono e che quelli esistenti sopravvivono grazie alla neve artificiale.
Per loro l’unica cosa importante sembra essere il divertimento ed il supposto sviluppo economico derivante dalla costruzione di nuovi impianti sportivi, sembrano più interessati all’attività fisica rispetto a quello che gli sta intorno.

Piani di Pezza

I Piani di Pezza erano stati risparmiati dalla sorte toccata al comprensorio di Ovindoli e Campo Felice, fortemente antropizzati in funzione del divertimento di massa.
Sembrerebbe che la tranquillità e la relativa integrità di questa piccola valle stiano presto per finire sotto piani di sviluppo, un pò datati e decisamente contro corrente rispetto alle necessità di adattamento ai cambiamenti climatici delle comunità locali, che poco se ne faranno di impianti sciistici in un futuro sempre più caldo e siccitoso.
Siamo voluti salire tra queste montagne, in questi luoghi prima che siano irrimediabilmente trasformati dalle strutture che per il momento sono state fermate a seguito della segnalazione delle Associazioni *.
Presupponendo un minor impatto ambientale di una pista per lo sci di fondo, con l’ambizione di diventare attrattiva mondiale, i lavori di scavo sono iniziati senza aspettare l’esito delle procedure previste dalla normativa e quindi sospesi poco dopo, come si legge nel verbale di sospensione dei lavori del Comune di Rocca di Mezzo.

Scendendo dal Rifugio mi torna in mente il libro ” Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere“, di Jared Diamond , quando l’autore si domanda che cosa pensavano gli abitanti dell’Isola di Pasqua quando decisero di tagliare gli ultimi alberi presenti sull’isola per erigere una di quelle famose statue, ormai uniche e mute testimoni della loro esistenza.

Immerso nei miei pensieri, mentre scendiamo in silenzio ci accorgiamo che tra le foglie di un faggio una giovane e confidente Cincia mora ci osserva; chissà cosa avrà pensato di noi, animali bipedi come loro ma senza ali, convinti di poter dominare la vita grazie alla tecnologia e di prosperare ancora nel futuro sacrificando ambienti e comunità alle necessità della crescita economica.
Sotto la distrazione di massa la nostra esistenza si riduce ad una serie di scambi economici, alla completa trasformazione da fruitori a consumatori delle risorse ambientali per soddisfare la nostra voglia di divertimento.
Come saranno i Piani di Pezza il prossimo anno?
Ci sono tanti modi di stare all’area aperta e praticare attività sportive o ricreative, bisogna favorire quelle con minor impatto ambientale e con il maggior rispetto per l’ambiente.
Nella lenta trasformazione dei parchi naturali in grandi parchi giochi ad uso e consumo del turismo e degli interessi locali e non, il Parco Naturale Sirente Velino ha una storia lunga e travagliata.

Collegamenti esterni

Le associazioni Altura Abruzzo, Cai Abruzzo, Dalla parte dell’Orso, Italia Nostra Abruzzo, Lipu Abruzzo, Salviamo l’Orso e Soa esprimono forte critica nei confronti del progetto per la realizzazione di uno “stadio del fondo” nei Piani di Pezza, nel Comune di Rocca di Mezzo. CSVAbruzzo, 26 luglio 2023

Ovidoli, il progetto: tre nuovi impianti di risalita e 7 nuove piste da sci. NeveItalia.it, 15/3/2023

Vipere, tar e mega collegamneti, di Stefano Ardito, Montagna.Tv, 11/01/2022

Note

* Comunicato stampa del 24 luglio 2023

Le Associazioni firmatarie hanno preso atto dell’inizio dei lavori per la realizzazione di un cosiddetto “Stadio del fondo” nei Piani di Pezza in Comune di Rocca di Mezzo. Così, dopo l’ampliamento degli impianti sciistici della Magnola e l’ipotesi di riperimetrazione del Parco Regionale Sirente-Velino ad opera di alcuni Comuni della Valle Subequana, un altro progetto di “sviluppo” si abbatte su una delle zone naturalisticamente più importanti dell’intero Abruzzo, quasi a voler esorcizzare l'”horror vacui” dell’esistenza di un’area di così vaste dimensioni ancora non “sfruttata”, o “valorizzata”; come altri ipocritamente dicono.

Dopo aver ipotizzato per questa località impianti sciistici, villaggi montani e collegamenti fra la Magnola e Campo Felice, nel tempo si è affermata l’idea di sfruttarne le potenzialità con la creazione di uno “Stadio del fondo”, in base all’alibi, tutto da dimostrare, del suo minor impatto ambientale.

Nel merito degli attuali lavori leggiamo dalla VIncA che questo intervento coinvolgerebbe solo l’area a ridosso del “Rifugio del lupo”, da quest’ultimo alla cava dismessa ad esso contermine. Sono previste strutture a servizio di una pista lunga 800 metri, comprendenti un laghetto artificiale in corrispondenza della cava, reti di contenimento delle scarpate a cui verrebbero sovrapposte gradinate ad uso degli spettatori e funzionali per salire e scendere, strutture di adduzione acqua per il laghetto ed impianti interrati a servizio di due cannoni sparaneve, in teoria mobili. Ma in quale possibile cornice si inseriscono questi lavori?

Quando, nel 2016, divenne di pubblico dominio il progetto di un villaggio attrezzato ad opera di investitori russi, gli amministratori locali non lesinarono ad esso le loro critiche, ma subito dopo, forti di questa dichiarato “ambientalismo”, magnificarono l’alternativa per loro praticabile dello “Stadio del fondo”. Da quelle dichiarazioni possiamo avere un’anticipazione di tutto quello che si vorrebbe realizzare e di cui l’attuale intervento potrebbe rappresentare nei fatti solo un primo “lotto”.

Traiamo dalle dichiarazioni dell’aprile 2016 dell’allora e attuale Sindaco di Rocca di Mezzo, Mauro Di Ciccio, l’elenco degli interventi, escludendo, naturalmente, i lavori già oggi previsti: “(il Sindaco annuncia) lo stadio del fondo da realizzare ai Piani di Pezza che prevede un anello illuminato ed infrastrutture amovibili in grado di accogliere anche gare mondiali, la realizzazione di una struttura di servizio allestita per il primo soccorso, per ospitare la giuria, la stampa, spazi per la sciolinatura, ufficio gara, bagni e spogliatoi, la realizzazione di un parcheggio adiacente a quello esistente per il raddoppio dei posti…” e via continuando.

Per quel che ci riguarda non è necessario attendere la realizzazione di questo “sogno mondiale” per esprimere un giudizio del tutto negativo sui lavori in corso: sul loro impatto naturalistico avremo modo di ritornare, ma sulle alterazioni paesaggistiche dell’area è facile fare previsioni. Dal laghetto, che in estate, come a Campo Felice, si trasformerà nel fondo plasticato di una discarica, ai cannoni sparaneve sul cui numero e sulla cui mobilità dubitiamo, ai canali e alle canalette in vista per l’adduzione dell’acqua al laghetto, alle gradinate che non sono state realizzate nemmeno in occasione della “Route” scout del 1986. Siamo senz’altro facili profeti se affermiamo con certezza che da ovest e da Capo Pezza la vista verso il valico sarà paesaggisticamente insostenibile.

Per non parlare del sicuro consumo di acqua potabile per alimentare il laghetto, considerato che la zona interessata è del tutto esposta e quindi presto priva di neve, e del rischio che le gradinate possano essere il pretesto per qualche spettacolo, del tutto fuori contesto in una località come i Piani di Pezza.

Ma soprattutto, anche volendo dare credito alla tesi della limitatezza e sostenibilità dell’intervento, qualcuno ci dovrebbe spiegare perché per realizzare una banale struttura “con funzione di campo scuola o di riscaldamento per gli atleti che si apprestano a percorrere le piste di sci di fondo” si deve ulteriormente pregiudicare un “unicum” come i Piani di Pezza, che avrebbero invece bisogno di un restauro ambientale in grado di “valorizzarne”, e stavolta la parola è correttamente utilizzata, gli straordinari valori naturalistici.
Significa, ci si passi l’immagine, procurarsi il pranzo uccidendo la gallina dalle uova d’oro.

Vale la pena ricordare, inoltre, che i Piani di Pezza sono sia Zona SIC che ZPS, ai sensi delle normative europee, con tutto quel che ne consegue in tema di rispetto delle valenze naturalistiche dell’area.
Da un punto di vista strettamente burocratico ci si dirà che la Valutazione di Incidenza Ambientale è stata redatta e regolarmente approvata. Non facciamo fatica a crederlo quando il Comune è nello stesso tempo il committente dei lavori e l’Istituzione che l’approva e quando i tecnici incaricati non si sogneranno mai di affermare che un’opera non è realizzabile perché troppo impattante. Tuttavia sembra che la VIncA non sia stata pubblicata per il periodo necessario a renderne partecipi i portatori di interesse. Motivo per il quale, contestualmente al presente comunicato, le Associazioni firmatarie hanno anche spedito alle Istituzioni competenti una “Richiesta di intervento in autotutela” chiedendo il rispetto dei tempi e dell’iter previsto dalle normative.

C’è un’ultima osservazione da fare. Per quel che ci risulta il tutto sembra decisamente essere stato fatto in sordina: nessuna anticipazione sugli organi di informazione, nessun annuncio sulla nuova fondamentale offerta turistica, nessuna rivendicazione da parte di qualche personaggio del proprio insostituibile ruolo nell’aver consentito la realizzazione dell’opera. Nulla del repertorio fraseologico di cui si fa largo uso in occasioni del genere. Il sospetto che ne deriva è sin troppo evidente e i lavori già iniziati lo dimostrano.

Oggi è un giorno molto triste per chi ha veramente a cuore i valori naturalistici del nostro Abruzzo montano. Si insegue un “sogno” ormai datato, continuando ostinatamente a voler proseguire lungo una strada senza prospettive, quella di un sedicente sviluppo basato su un settore, quale quello dello sci, messo in crisi dai cambiamenti climatici, sempre più oneroso e sempre più legato all’assistenzialismo pubblico.

Firmato:

Fabio Borlenghi – Altura Abruzzo
Francesco Sulpizio – CAI Abruzzo
Mimì D’Aurora – Dalla parte dell’Orso
Vincenzo Giusti – Italia Nostra Abruzzo
Stefano Allavena – LIPU Abruzzo
Stefano Orlandini – Salviamo l’Orso
Massimo Pellegrini – Stazione Ornitologica Abruzzese